La fibromialgia è uno stato patologico caratterizzato da un diffuso dolore muscoloscheletrico, iperalgesia, deterioramento della qualità del sonno, alterato stato dell’umore e difficoltà nella gestione dello stress.

Le cause alla base della sindrome fibromialgica sono ancora poco conosciute, tuttavia recenti studi puntano ad una intossicazione di metalli pesanti tra i vari fattori che deviano il funzionamento del sistema immunitario. Oltre ai metalli, altre intossicazioni ambientali come quelle derivanti da erbicidipesticidi muffa possono scatenare una risposta infiammatoria cronica che è alla base del dolore acuto a carico del tessuto fibroso e connettivo – tendini, legamenti, cartilagine e muscoli.

A complicare il quadro clinico c’è la predisposizione genetica. In particolare persone con mutazioni a carico del gene COMT sembrano maggiormente penalizzate in quanto a dolore e stati di ansia.

Correlazione tra CBD e Fibromialgia

Il beneficio derivante dalla somministrazione degli endocannabinoidi trova riscontro nella letteratura scientifica (dutch study e Israel study). I recettori degli endocannabinoidi sono quelli più numerosi nel nostro organismo.

Essi si dividono in CB1 CB2 presenti nel sistema nervoso centrale e periferico rispettivamente.

Il punto di forza maggiore degli endocannabinoidi è quello di abbassare l’infiammazione sistemica e poiché i recettori si trovano sia nel cervello che in periferia il beneficio è psicosomatico, migliorando sia il controllo muscolare, il dolore e soprattutto promuovendo il rilassamento, la riduzione di stadi di ansia e una migliore qualità del sonno.

Qual è il dosaggio più efficace per un disturbo come la fibromialgia?

La risposta non è univoca e spesso il dosaggio è relativo alla capacità di assorbimento della molecola e alla sensibilità agli endocannabinoidi, che dipende dalla distribuzione e numerosità dei recettori per ogni individuo.

Detto ciò, in un disturbo come la fibromialgia il presupposto base affinché l’olio di CBD eserciti una efficacia è partire da una titolazione del 30%, solitamente 4 gocce. A seconda dell’effetto che esercita, questo dosaggio può essere gradualmente aumentato fino a 8 e successivamente 12 gocce per somministrazione.

Si consiglia, dato l’effetto tangibile su rilassamento e qualità del sonno, di assumerlo di sera un po’ prima di andare a letto. Tuttavia, nel caso in cui gli episodi di dolore ricorrano fortemente durante la giornata si può optare per una distribuzione equa del dosaggio, per esempio 4 gocce dopo colazione, 4 dopo pranzo e 4 dopo cena. Anche in questo caso, bisogna valutare l’effetto individuale su rilassamento e stato d’animo e adattarsi di conseguenza. Se assunto 3 volte al giorno si consiglia di non superare una somministrazione singola di 8-10 gocce (in particolare per l’effetto sul sonno).

È bene sottolineare che all’uso di CBD dovrebbe essere associato un programma nutrizionale che elimini dalla dieta tutte le componenti infiammatorie che possono innescare una risposta di citochine ed inasprire la sintomatologia. Quando la somministrazione dell’olio di CBD è coadiuvata da una selezione di cibi la resa viene massimizzata e i benefici aumentano notevolmente. Infine, a seconda della predisposizione genetica e di altri disturbi – come quelli intestinali che sono tipici di tale disordine – bisognerebbe intervenire con altri fitoterapici, ma sempre in modo naturale.

Dott. Antonio Candela su https://crystalweed.it/

Il dott. Antonio Candela ottiene la sua laurea Magistrale in Biologia dall’Universita Federico II di Napoli con 110 e lode. La sua formazione nel campo delle Neuroscience parte nel 2013 con un master di ricerca di un anno all’Università di Edimburgo e continua nel 2015 con un secondo master all’University College London. Nel 2018 viene a conoscenza dell’approccio di medicina funzionale del dott. Bredesen per l’inversione del declino cognitivo. Lascia la ricerca e comincia ad approfondire il potenziale terapeutico alla base di una dieta mirata e si certifica nell’esecuzione del protocollo Bredesen alla fine del Dicembre 2020.

Glicemia e funghi terapici

Glicemia e funghi terapici

Il 1 febbraio 2018 è stato pubblicato un allarmante articolo su ANSA: “Diabete, 3,7 milioni i malati ma 7 milioni a rischio di svilupparlo”. Dati decisamente preoccupanti, soprattutto per il fatto che molte persone affette da sovrappeso e alterazioni del metabolismo (sindrome metabolica) son sono coscienti del fatto che si tratta di sintomi che predispongono allo sviluppo del diabete 2.

Con la “civiltà del benessere” la sindrome metabolica e il diabete 2 sono in crescita continua. Tali condizioni predispongono all’aumento della mortalità per malattie cardiovascolari (infarto, inctus…), per problemi renali e aumentano il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative e oncologiche. Esistono numerosi farmaci per la gestione del diabete efficaci nel controllo dell’iperglicemia, ma hanno numerosi effetti collaterali e nel tempo non riescono comunque a gestire le complicazioni associate alla malattia diabetica.

La combinazione di un’alimentazione adeguata, attività fisica e utilizzo di sostanze naturali tra cui i funghi medicinali, si è dimostrata efficace nella prevenzione e controllo sia del diabete 2 che delle sue complicazioni, ed è completamente priva di effetti collaterali.

Ci sono 2 tipi di diabete: diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2.

Il diabete di tipo 1 è una malattia caratterizzata dalla distruzione da parte del sistema immunitario delle cellule beta del pancreas adibite alla produzione di insulina con conseguente deficit di insulina che deve essere ripristinata dall’esterno. Per questo si chiama diabete insulino-dipendente. È spesso giovanile, anche se può comparire ad ogni età, e ha un’insorgenza “acuta”.

Il diabete di tipo 2 invece mantiene integra la funzione del pancreas, ma è caratterizzato da insulino-resistenza. È legato ad alterazioni del metabolismo e alla presenza di infiammazione cronica di basso grado. Comporta aumento di grasso di deposito nell’area viscerale (addominale) e l’alterazione di numerosi parametri come l’alterazione della glicemia, del profilo lipidico (colesterolo, HDL, trigliceridi) e la comparsa di sintomatologie quali ipertensione, obesità, aumentato rischio cardiovascolare, alterazioni della funzione renale e molte altre. Nei paesi sviluppati, con l’aumento della sedentarietà e la modifica delle abitudini alimentari, il diabete 2 è in aumento esponenziale. Tipicamente si sviluppa nell’adulto, ma si assiste recentemente a un aumento anche nella popolazione giovane anche in età scolastica.

I funghi possono essere definiti “cibi funzionali o nutraceutici ad azione adattogena”. Sono in effetti alimenti ricchi di sostanze nutrienti che permettono di regolare le funzioni immunitarie e neurologiche e di migliorare il metabolismo. Contengono minerali, aminoacidi, metaboliti secondari con azioni importanti sulla salute, polisaccaridi attivi nel sostegno del sistema immunitario, precursori della vitamina D e della vitamina E, e molto altro. Nella storia e nella tradizione medicinale antica sono stati selezionati alcuni funghi considerati particolarmente potenti per il mantenimento e il recupero della salute.

Nell’area metabolica per molti funghi è stata descritta un’azione terapeutica sul controllo della glicemia, dell’ipercolesterolemia, dell’ipertrigliceridemia, dell’ipertensione e del diabete 2. Tali effetti sono stati correlati alla presenza di fibre e polisaccaridi (beta-glucani), ma nel tempo gli studi scientifici hanno dimostrato un’azione ben più profonda e articolata orientata al recupero della salute effettuata da numerose altre molecole bioattive in essi contenute. Per molti funghi è stata infatti dimostrata azione antitumorale, antivirale, antitrombotica, anti-ipertensiva, di controllo della glicemia, di miglioramento della memoria e della concentrazione e anti-aging.

Tra i funghi più studiati per la sindrome metabolica e il diabete 2 vi sono la Grifola frondosa o Maitake e il Coprinus comatus, ma si sono dimostrati molto utili anche l’Agaricus blazei Murrill (ABM), il Ganoderma lucidum (Reishi), l’Auricularia auricula judae e il Cordyceps sinensis.

La Grifola frondosa (Maitake) è chiamato anche il fungo del metabolismo. Oltre all’elevata quantità di beta-glucani, ha dimostrata attività anti-amilasica e anti-glucosidasica, la più potente tra tutti i funghi ad oggi studiati, che permette un elevato controllo dell’iperglicemia. In pratica inibisce la funzione di enzimi, come l’alfa-glucosidasi, che sono deputati al processo di digestione e utilizzazione dei caboidrati nell’intestino, riducendo l’iperglicemia post-prandiale. (1,2)

Inoltre sono ampiamente dimostrati in letteratura i suoi effetti di miglioramento della sensibilità insulinica e di riduzione della resistenza insulinica periferica, di regolazione dei livelli di glicemia, di emoglobina glicata, dei grassi nel sangue e di tutta una serie di parametri metabolici che possono risultare alterati in questa condizione clinica; conseguentemente contribuisce al controllo del peso e delle sintomatologie associate al diabete 2 quali ad esempio l’ipertensione. (3-7)

Il Coprinus comatus è un fungo ricco in vanadio che è stato studiato in modelli di diabete sia di tipo 1 che di tipo 2. Il vanadio ha infatti attività revitalizzante delle cellule beta del pancreas deputate alla produzione di insulina, quindi la sua assunzione può essere di aiuto anche in presenza di diabete 1 (autoimmune). In ogni caso è risultato molto efficace nella riduzione della glicemia e dell’emoglobina glicata anche nel diabete di tipo 2. Da questo fungo è stata isolata una sostanza chiamata “comatina” con effetti ipoglicemizzanti, in grado di inibire la glicosilazione non enzimatica e di migliorare la sensibilità periferica all’insulina. (8-11)

Il Ganoderma lucidum (Reishi) è un fungo con storia millenaria di utilizzo in Cina, ed è conosciuto anche come fungo della longevità o dell’immortalità. La sua somministrazione migliora la gestione della glicemia nel topo e i suoi effetti, oltre che alla riduzione dell’assorbimento degli zuccheri a livello intestinale, sono stati attribuiti anche alla sua importante azione anti-infiammatoria e anti-ossidante. È stato dimostrato che facilità il rilascio di insulina da parte delle cellule pancreatiche e che migliora significativamente la sensibilità periferica all’insulina e riduce la glicazione proteica. Tali effetti dipendono molto anche dalla sua capacità di migliorare la composizione e l’attività della flora microbica intestinale (microbiota e microbioma). Una peculiarità importante del Ganoderma lucidum nella gestione del diabete 2 è la sua importante protezione cardiovascolare, soprattutto in considerazione del fatto che il rischio cardiovascolare nei soggetti affetti da diabete 2 è di 10 volte superiore rispetto a soggetti sani. (12-16)

L’Auricularia auricula-judae è un fungo gelatinoso a forma di orecchio (chiamato anche orecchio di Giuda) e di colore rosso scuro a volte quasi nero. È molto popolare in Cina dove viene usato per ridurre il “calore” del corpo, ossia l’infiammazione. Ha effetto ipoglicemizzante grazie alla grande quantità di fibre e mucillagini che contiene; contiene un elevato livello di melanina e polifenoli che gli conferiscono attività anti-ossidante e anti-infiammatoria che contribuiscono a migliorare la resistenza insulinica. È un fungo molto interessante anche per la sua funzione di protezione epatica, di fluidificazione della bile e di miglioramento delle funzioni intestinali. Nel diabete 2 la funzione epato-biliare è in genere compromessa e condiziona la salute dell’intestino; per questo motivo il sostegno con Auricularia potrebbe risultare particolarmente efficace. Come il Ganoderma inoltre, esercita un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare con riduzione del rischio di aterosclerosi e di infarto e ictus. (17-22)

Il Cordyceps sinensis è un fungo che cresce nell’altopiano Tibetano, tra i 3600 e i 5000 metri, parassita di un insetto (Hepialis armoricanus) che ha una lunga storia di utilizzo nella medicina tibetana.

È uno dei funghi più interessanti per le sue articolate proprietà sulla salute. La sua efficacia è stata dimostrata anche nella gestione della sindrome metabolica e del diabete di tipo 2 dove migliora la gestione della glicemia e riduce efficacemente la glicazione proteica. Uno degli effetti più interessanti del Cordyceps, probabilmente correlato alla sua azione di riequilibrio ormonale, è la sua capacità di migliorare il rapporto massa magra/massa grassa che corrisponde ad un miglioramento del metabolismo e della salute. Ha azione antiossidante e anti-infiammatoria che contribuiscono a migliorare la sensibilità periferica all’insulina e ha dimostrato effetti protettivi a livello cardiovascolare, renale e neurologico. La sua azione ossigenante e antiossidante permettono di migliorare il metabolismo a livello cellulare riducendo anche il rischio di degenerazione oncologica. (23-30)

L’Agaricus blazei Murrill è molto studiato per la sua attività di potenziamento immunitario e antitumorale. La sua assunzione nell’uomo è stata associata a riduzione della massa grassa, in particolare viscerale, a miglioramento dei rapporti dei lipidi nel sangue (colesterolo, HDL, trigliceridi) e ad un miglioramento della gestione della glicemia. La sua associazione con il Corpinus comatus migliora la sintomatologia associata al diabete 1. In numerosi studi è stata dimostrata la sua attività anti-iperglicemica, ipocolesterolemica e antisclerotica evidenziando un’attività antidiabetica generale con miglioramento della resistenza insulinica. Interessante la sua capacità di aumentare la concentrazione di adiponectina (sostanza chiamata anche “bruciagrassi”) che favorisce la perdita del grasso accumulato nell’area viscerale.

La sua azione è stata studiata anche insieme a farmaci antidiabetici con miglioramento della funzione e riduzione degli effetti collaterali. (31-33)

Questa generale panoramica dell’azione dei funghi sul metabolismo e sulla prevenzione e gestione del diabete 2 permette di comprendere come essi agiscano in modo profondo e articolato. Ognuno di essi ha peculiarità che possono influire sulla scelta di quale fungo utilizzare in particolari condizioni e sintomatologie. È anche molto interessante notare che il loro utilizzo può essere effettuato in concomitanza con i farmaci con i quali non interferiscono, anzi, ne ottimizzano la funzione riducendone gli effetti collaterali.

Poiché la sindrome metabolica e il diabete di tipo 2 sono in crescita esponenziale e condizionano in modo importante la salute e la qualità della vita delle persone affette, può essere molto utile considerare l’utilizzo di questi “super-alimenti funzionali” soprattutto in prevenzione, per ridurre il rischio di sviluppo di tali patologie.

 

Bibliografia

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Fonte: Stefania Cazzavillan, biologa molecolare e ricercatrice. In: stefaniacazzavillan.it

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testosterone e integratori

Testosterone: vitamina D e integratori naturali

La libido che cala e qualche episodio di disfunzione erettile dopo i 40 anni potrebbero essere sintomi importanti di un problema da non sottovalutare: una carenza di testosterone.

Questo ormone, l’ormone maschile per eccellenza, è infatti strettamente legato non solo alla salute sessuale dell’uomo, ma anche a quella cardiovascolare e metabolica.
I risultati di una ricerca presentata al Congresso Europeo di Endocrinologia indicano che la somministrazione di vitamina D induce modificazioni delle concentrazioni nel sangue degli ormoni negli uomini di mezza età.

Aumenterebbe, tra l’altro, il livello di testosterone libero.

Al Congresso Europeo di Endocrinologia è stato presentato uno studio eseguito in Austria, nel quale sono stati valutati maschi di mezza età con livelli ridotti di vitamina D, suddivisi in due gruppi, rispettivamente con concentrazioni nel sangue normali e ridotte di testosterone.

I risultati presentati al Congresso hanno riguardato il gruppo di soggetti che, prima di iniziare la ricerca, avevano livelli normali di testosterone.

In questo gruppo, la somministrazione di vitamina D ha determinato la riduzione significativa di una molecola denominata in inglese Sex Steroid Hormone-Binding Globulin (SHBG) traducibile in italiano in Globulina Legante l’Ormone Steroide Sessuale.

Nello stesso gruppo si è rilevato un aumento dell’estradiolo e del testosterone.

Riguardo all’importanza della vitamina D per il buon funzionamento dell’apparato riproduttivo, Elisabeth Lerchbaum, che ha presentato i dati di questo studio, ha ricordato che recettori della vitamina D ed enzimi per il metabolismo di questa vitamina sono presenti nei tessuti dell’apparato riproduttivo, che essa è coinvolta nella produzione e nella maturazione di spermatozoi e ovociti, svolge un ruolo nella preparazione dell’endometrio all’impianto dell’embrione e contribuisce a regolare la secrezione di estrogeni e testosterone, sia nei maschi, che nelle femmine.

La ricercatrice ha aggiunto che la carenza della vitamina D è frequente nelle coppie infertili e che, secondo alcuni studi, i cicli fertili hanno maggiori probabilità di successo in estate e in autunno, stagioni nelle quali i livelli di vitamina D nell’organismo sono più alti.

Tornando ai risultati presentati al Congresso, essi sono stati raccolti in 100 maschi con concentrazione di testosterone al basale ≥3.0 ng/ml, Indice di Massa Corporea di 25.3 kg/m2, quindi normopeso, concentrazione nel sangue di 25 (OH) vitamina D di 21.3 ng/ml ed età media 39 anni.

Elisabeth Lerchbaum si è dichiarata sorpresa dall’aumento significativo del testosterone e ha anticipato che ancora più interessanti potrebbero essere i risultati relativi al gruppo di soggetti con bassi livelli di testosterone prima dell’arruolamento nello studio.

I risultati della ricerca hanno suscitato molto interesse fra gli specialisti presenti al Congresso che, commentandoli, hanno ricordato che precedenti evidenze hanno dimostrato una relazione fra carenza di vitamina D e disfunzione dell’erezione e che anche l’aumento dell’estradiolo potrebbe avere effetti positivi sul metabolismo dell’osso nei maschi di mezza età.

Rimedi naturali per aumentare il livello di testosterone

Il ruolo della supplementazione esterna aiuta a sostenere la fertilità maschile e a tenere monitorato il livello di testosterone. Gli integratori per gli uomini è bene che posseggano i nutrienti adatti a supportare la sfera riproduttiva, tra cui:

  • Vitamina D3, che può aiutare ad innalzare i livelli di testosterone.
  • Vitamina K2, insieme alla vitamina D, la K2 stimola la produzione di testosterone. Assumi un integratore alimentare per aumentare facilmente i livelli con una soluzione naturale.
  • Vitamina B6, capace di regolare l’attività ormonale e di avere un effetto positivo sul testosterone basso.
  • Minerali come zinco, selenio e magnesio che regolano la produzione di testosterone circolante, anche in seguito ad una attività fisica intensa e contribuiscono alla normale spermatogenesi.
  • Cordyceps Sinensis: numerosi lavori scientifici hanno dimostrato i benefici del Cordyceps in disturbi specifici come la Disfunzione Erettile. È stato infatti certificato che l’assunzione di questo fungo stimola la produzione di testosterone, l’ormone che nell’uomo regola il desiderio e la virilità. Il Cordyceps fornisce benefici anche a livello circolatorio perché contiene l’Adenosina, un nucleoside dall’effetto vasodilatatore che aumenta l’afflusso del sangue nei corpi cavernosi. Il Cordycerps contiene anche numerose sostanze ansiolitiche e antidepressive. In particolare, stimola i circuiti mentali superiori che fanno capo “all’area limbica” del cervello. Il Cordyceps si è dimostrato un integratore sicuro e ben tollerato, privo di effetti tossici o rischi di altra natura.

Fonte: Steve Zanardi
Naturopata Professionale

Vedi anche la pagina: LUI

 

 

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Acido aceteilsalicico

Acido aceteilsalicico naturale contro il cancro?

Secondo le ultime notizie in arrivo dal Regno Unito, pubblicate su una rivista scientifica, piccole dosi giornaliere di acido acetilsalicilico terrebbero lontano il cancro.

Tutto nasce da una pianta ad alto fusto, il Salice, apprezzata fin dall’antichità per il suo contenuto in sostanze curative. Dalla sua corteccia gli antichi ricavarono un rimedio efficace nell’alleviare il dolore, ma anche nella cura di altre condizioni associate a infiammazioni e febbre.

I salicilati hanno attività antinfiammatorie, antipiretiche, analgesiche e antireumatiche, proprietà conosciute già in tempi antichi; ne parlano infatti già Ippocrate nel suo De Materia Medica e Dioscoride (I sec. d.C.). Nel 1757 il reverendo Edward Stone, pastore di un piccolo villaggio dell’Oxfordshire, lo utilizzò come antimalarico, in alternativa alla costosa China. Nel 1824 gli italiani Rigatelli e Fontana, dimostrarono l’azione febbrifuga e riuscirono ad isolare la salicina, ma la svolta si ebbe nel 1897 quando il giovane chimico F. Hoffmann sintetizzò l’acido acetilsalicilico decretando la fortuna dell’azienda farmaceutica tedesca Bayer, diventando il più diffuso e popolare prodotto da banco al mondo.

Meccanismi e attività consolidate

Le attività antidolorifica e antifebbrile dell’Asa sono dovute al blocco della sintesi di sostanze che favoriscono l’infiammazione (le prostaglandine) perché il farmaco interferisce con l’attività degli enzimi destinati a produrle. Tale azione ne fa un rimedio efficace contro malanni di stagione, dolori, febbre e infiammazione. Così come nelle patologie infiammatorie croniche come l’artrite.

In più, è stato visto che possiede un’attività fluidificante sul sangue, sfruttata per ridurre il pericolo di infarto e ictus nelle persone predisposte.

Quando, dietro parere del medico, viene assunto giornalmente a basse dosi (minori di quelle che si usano contro dolore e infiammazione) offre un effetto protettivo contro le malattie cardiovascolari, prevenendo la formazione dei coaguli.

Le proprietà antitumorali

Ma non basta: sembra che 75 mg di acido acetilsalicilico al giorno, assunti regolarmente, siano in grado di contrastare l’insorgenza di tumori. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori inglesi della Oxford University.

Riesaminando la storia clinica di oltre 25.500 persone che avevano assunto quotidianamente Asa come trattamento preventivo nei riguardi di eventi cardiovascolari agli studiosi, guidati da Peter Rothwell, è saltata all’occhio una particolare coincidenza.

Nel gruppo studiato il rischio di morire per tumore era più basso del 20% rispetto a chi non assumeva Asa. E questo effetto “scudo” anti cancro sembra mantenersi per 10 o addirittura 20 anni, anche quando la terapia con acido acetilsalicilico è stata interrotta dopo un tempo variabile compreso tra i quattro e gli otto anni.

In realtà, l’ipotesi che l’Asa avesse anche azione protettiva nei riguardi dei tumori, oltre che delle malattie cardiovascolari, non è nuova. Ma ancora nessuno aveva potuto raccogliere dati come quelli che il gruppo inglese ha pubblicato, nel dicembre del 2010, sulla rivista medica The Lancet.

Si conferma un’attività nella prevenzione dei tumori

I dati pubblicati parlano chiaro: dopo cinque anni dall’inizio dell’assunzione quotidiana di Asa l’incidenza di tutti i tumori si è ridotta del 34%, e del 54% se si prendono in considerazione soltanto i tumori gastrointestinali. Ma anche dopo 20 anni la protezione contro il cancro resta, riducendo del 20% in totale il pericolo di morirne.

Tumori e infiammazione: una relazione pericolosa

Rimane da stabilire come faccia l’Asa a interferire con l’insorgenza di neoplasie. L’ipotesi formulata già da tempo è che la molecola contrasti lo sviluppo dei tumori agendo sui meccanismi infiammatori legati a questi ultimi.

Sono necessarie maggiori ricerche poiché potrebbero esserci in causa anche altri effetti come quelli pro-apoptotici, cioè che favoriscono il “suicidio” delle cellule tumorali in sviluppo.

E, commenta la società italiana di Oncologia medica (Aiom), bisogna essere ancora un po’ cauti poiché gli elementi per raccomandare in modo allargato l’uso di Asa (75 mg al giorno per almeno cinque anni) per proteggersi dai tumori non sono ancora sufficienti.

Fonte: https://www.saperesalute.it/tumori-lacido-acetilsalicilico-li-toglie-di-torno

Salice Bianco come Aspirina Naturale

La corteccia del salice bianco – per essere efficace – deve provenire da un albero vecchio di almeno 2-3 anni. La salicina, i flavonoidi e i tannini presenti nella corteccia contribuiscono a rendere il salice bianco una vera e propria aspirina naturale che agisce da antinfiammatorioantifebbrile e analgesico.

Questa pianta, in particolare si è dimostrata efficace per la cura di stati dolorosi e infiammatori come dolori reumatici, artrite e tendinite, ma anche per la cura di ferite e bruciature.

Ecco alcuni dei casi in cui il salice bianco si rivela utile:

Febbre

L’acido salicilico agisce da antifebbrile e antipiretico: è capace, cioè, di far abbassare la temperatura corporea. In caso di febbre, dunque, gli effetti curativi del salice bianco possono essere sfruttati bevendone un infuso, che va preparato con due cucchiaini di corteccia in 200 ml di acqua bollente lasciati in infusione per almeno 10 minuti.

La bevanda può essere assunta 2-3 volte al giorno, al massimo per tre giorni. In alternativa si può assumere il salice bianco anche sotto forma di capsule, prendendone due al giorno in caso di influenza. Se la febbre supera i 39°, si consiglia di consultare il medico.

Mal di testa

Le proprietà analgesiche del salice bianco sono utili per lenire i dolori provocati dal mal di testa. Anche in questo caso l’infuso di corteccia di salice bianco potrebbe essere utile. Altrimenti, sono presenti in commercio anche polveri di corteccia o estratti sia secchi che liquidi.

L’importante è non superare i 240 mg di salicina al giorno (e i 120 mg per dose singola) se non si vuole incorrere in effetti collaterali.

Dolori mestruali

Le componenti presenti nella corteccia di salice bianco riducono le infiammazioni, presenti nella mucosa uterina, che provocano i crampi mestruali. L’infuso di salice bianco è efficace anche per contrastare altri dolori tipici del periodo mestruale come mal di schiena, mal di gambe e mal di testa.

Per preparare un infuso contro i dolori mestruali basta versare due cucchiaini da tè di corteccia di salice bianco in due bicchieri di acqua ben calda. Far riposare per qualche minuto, filtrare e dolcificare eventualmente con del miele. B

ere questo infuso qualche giorno prima dell’arrivo del ciclo e durante la fase di dolore più acuta.

Mal di denti

La corteccia di salice bianco è utile anche per contrastare il mal di denti grazie alle sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. In questo caso basta masticare un po’ di corteccia dove si avverte maggior dolore o in alternativa bere un infuso di corteccia.

Con l’infuso di salice bianco si possono anche fare dei gargarismi per lenire il fastidio del mal di denti o strofinare un po’ di polvere sulla parte dolorante.

Mal di schiena

Anche i dolori alla schiena possono essere alleviati dall’azione analgesica del salice bianco. Questa aspirina naturale difatti, assunta sotto forma di estratto o di compresse aiuta a disinfiammare la zona colpita dal dolore.

Lo stesso effetto si ottiene anche per altri tipi di dolori muscolari e articolari come quelli che colpiscono le ginocchia e il tunnel carpale.

Effetti Collaterali del Salice Bianco

Il salice bianco è controindicato per chi è allergico ai salicilati (e quindi all’aspirina), per chi è affetto da ulcera cronica e da asma bronchiale. È sconsigliato l’uso in caso di allattamento o gravidanza; inoltre, gli estratti di salice bianco non sono indicati per bambini e ragazzi sotto i 18 anni.

Tra gli effetti collaterali noti vi sono orticarie e in generale reazioni allergiche alla pelle, nausea, acidità di stomaco e diarrea. In ogni caso, è importante consultare un medico se si intende assumere il salice bianco, soprattutto se nel frattempo si stanno assumendo altri farmaci.

Dove comprare il Salice Bianco

Il salice bianco si acquista in erboristeria e può essere reperito in diverse forme. Si può acquistare sotto forma di cortecciacapsulecompresse, polvere, tè o tintura.

Omega 3 e telomeri – effetto anti-aging

Gli acidi grassi essenziali vengono definiti in questo modo perché non possono essere sintetizzati dal nostro organismo ed è, dunque, indispensabile che vengano forniti con l’alimentazione. Sono definiti, inoltre, poliinsaturi perché la loro catena comprende vari doppi legami, e si dividono un due grosse famiglie: acidi grassi polinsaturi Omega6 e acidi grassi polinsaturi Omega3.

Gli acidi grassi Omega 3 più comuni sono cinque:

Alfa-linolenico (18:3 omega-3);

Eicoisapentenoico (20:5 omega-3) EPA;

Docosapentenoico (22:5 omega-3);

Docosaesaenoico (22:6 omega-3) DHA.

Gli acidi grassi polinsaturi Omega6 sono di origine vegetale, mentre gli acidi grassi polinsaturi Omega3 sono prevalentemente di origine ittica, ma si trovano anche nel regno vegetale in noci, semi di lino e olio di semi di lino, alghe e legumi.

I popoli eschimesi della Groenlandia che mangiano cibo con alto contenuto di acidi grassi omega 3 hanno un ridotto livello ematico di colesterolo e trigliceridi, così come hanno un alto contenuto di lipoproteine ad alta densità (HDL) del colesterolo che proteggono le placche ateromatose, evitando così l’occlusione di importanti vasi sanguigni e i conseguenti problemi di salute. I Giapponesi che vivono lungo le coste hanno una dieta simile e simili risultati.

Nuovi dati della letteratura scientifica supportano “in modo schiacciante” i benefici degli acidi grassi omega-3 sulla lunghezza dei telomeri, considerati un marker dell’invecchiamento biologico.

Un recente studio* pubblicato sulla rivista “Nutrients” lo conferma ancora una volta.

I telomeri, sequenze di DNA all’estremità dei cromosomi che si accorciano quando le cellule si replicano e invecchiano, non sono sempre correlati all’età cronologica e ci sono prove che suggeriscono che l’accorciamento dei telomeri possa essere modificabile da fattori dello stile di vita.

Gli autori dello studio, cioè scienziati dell’Istituto di genetica e biotecnologia animale dell’Accademia polacca delle scienze dei nutrienti, spiegano:

“I fattori fortemente associati all’accorciamento e alla disfunzione accelerati dei telomeri sono lo stress ossidativo e l’infiammazione”,

“La capacità degli acidi grassi omega-3 di ridurre questi effetti negativi è correlata non solo al loro ben documentato effetto benefico su una serie di malattie dello ‘stile di vita’, ma anche ai loro effetti benefici sulla biologia dei telomeri.

“L’uso di acidi grassi omega-3 per ridurre l’attrito accelerato dei telomeri e, di conseguenza, contrastare l’invecchiamento precoce e ridurre il rischio di malattie legate all’età solleva grandi speranze”

L’invecchiamento e la durata della vita delle cellule normali e sane sono legati al cosiddetto meccanismo di accorciamento della telomerasi, che limita le cellule a un numero fisso di divisioni.

Durante la replicazione cellulare, i telomeri funzionano assicurando che i cromosomi della cellula non si fondano tra loro o non si riorganizzino, il che può portare al cancro.

Elizabeth Blackburn, una pioniera dei telomeri presso l’Università della California a San Francisco, ha paragonato i telomeri alle estremità dei lacci delle scarpe, senza i quali il laccio si sarebbe disfatto.

Ad ogni replicazione i telomeri si accorciano e quando i telomeri sono completamente consumati, le cellule vengono distrutte (apoptosi).

L’accorciamento o attrito dei telomeri è stato elencato come uno dei nove segni distintivi dell’invecchiamento in un articolo fondamentale pubblicato su Cell nel 2013 da Carlos López-Otín et al .

Telomeri

“Un fattore inversamente correlato alla lunghezza dei telomeri è lo stress cronico, sia durante il periodo prenatale che durante l’infanzia, così come nella vita adulta”, hanno scritto gli scienziati polacchi in Nutrients.

“Anche depressione, fumo, obesità e consumo di alcol accelerano l’attrito dei telomeri.

“È interessante notare che le restrizioni dietetiche e l’aumento degli antiossidanti dietetici proteggono dall’accorciamento dei telomeri. In questo contesto, gli acidi grassi omega-3 sono importanti composti alimentari che, a causa delle loro proprietà biochimiche, possono influenzare la biologia dei telomeri “

La loro nuova revisione della letteratura scientifica includeva sette studi che indicavano, in generale, che gli acidi grassi omega-3 possono svolgere un ruolo nella biologia dei telomeri.

Tali risultati, tuttavia, mostrano semplicemente una correlazione e non una causalità, il che ha portato i ricercatori a eseguire studi dietetici randomizzati utilizzando integratori di omega-3.

I ricercatori con sede in Polonia hanno riportato quattro di questi studi di intervento, che sono stati eseguiti in una serie di popolazioni, comprese le madri e i loro bambini, persone con insufficienza renale cronica, anziani affetti da lieve deterioramento cognitivo e sani, in sovrappeso, di mezza età e anziani le persone.

Le dosi utilizzate variavano da poco più di un grammo al giorno a quattro grammi al giorno di acidi grassi omega-3.

I dati degli studi randomizzati erano un miscuglio, con alcuni che indicavano un potenziale beneficio e altri che non trovavano effetti.

I revisori hanno anche cercato nella letteratura scientifica dati provenienti da studi sugli animali e hanno trovato tre studi che hanno mostrato un beneficio dall’integrazione di omega-3 nella dieta.

“Sebbene i risultati degli studi trasversali e randomizzati presentati sull’uomo e sui roditori non siano del tutto coerenti, il numero schiacciante di essi ha dimostrato gli effetti benefici degli acidi grassi omega-3 sulla lunghezza dei telomeri”, hanno scritto i revisori.

I fattori fortemente associati all’accorciamento e alla disfunzione accelerati dei telomeri sono lo stress ossidativo e l’infiammazione.

La capacità degli acidi grassi omega-3 di ridurre questi effetti negativi è correlata non solo al loro ben documentato effetto benefico su una serie di malattie dello “stile di vita”, ma anche ai loro effetti benefici sulla biologia dei telomeri, che sono entrambi sollevati in questa recensione .

L’uso degli acidi grassi omega-3 è indiscutibilmente utile per ridurre l’attrito accelerato dei telomeri e, di conseguenza, contrastare l’invecchiamento precoce e ridurre il rischio di malattie legate all’età.

Fonte: Kiecolt-Glaser JK, Epel ES, Belury MA, Andridge R, Lin J, Glaser R, Malarkey WB, Hwang BS, Blackburn E.“Omega-3 fatty acids, oxidative stress, and leukocyte telomere length: A randomized controlled trial”. Brain Behav Immun. 2013 Feb;28:16-24.

Fonte scientifica: QUI o QUI

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collagene

Il collagene è una proteina che dà struttura alle parti più importanti del tuo corpo (come la pelle e le ossa). Senza, saresti fondamentalmente un grumo di sostanza appiccicosa.

Con l’avanzare dell’età, il tuo corpo crea meno di questo utile elemento costitutivo e potresti iniziare a notare i segni di questo normale rallentamento se avverti rughe o dolori articolari.

Significa che gli integratori di collagene sono la fonte della giovinezza?

No. Non sono una pozione magica.

Ma ci sono alcune prove scientifiche che l’assunzione di collagene extra può aiutarti.

Cos’è il collagene?

Il collagene  è una proteina fondamentale che fornisce struttura alle parti del tuo corpo. Crea una struttura rigida tra le cellule della pelle, le ossa, la cartilagine e i tendini. Fornisce anche struttura ai tuoi organi, muscoli e arterie.

Quali tipi di collagene ci sono?

In totale ce ne sono 28 tipi diversi che si distinguono per composizione, struttura e funzione. I più importanti sono i tipi I, II e III:

  • tipo I – rappresenta il 90% del collagene presente nell’organismo e fornisce la struttura a pelle, ossa, tendini, cartilagini, denti e tessuto connettivo.
  • tipo II – questo collagene, definito anche nativo, si trova nella cartilagine elastica a livello delle articolazioni, ed ha lo scopo di ammortizzare gli urti.
  • tipo III – ha la principale funzione di supportare muscoli, organi e arterie.

Se hai una carenza di vitamina C o determinate condizioni mediche (come l’osteogenesi imperfetta -fragilità scheletrica- o la sindrome di Ehlers-Danlos cioè ipermobilità articolare, la produzione di collagene del tuo corpo potrebbe essere compromessa.

Il collagene è importante, ma l’età, l’alimentazione, i fattori ambientali e le malattie possono influenzare il modo in cui il tuo corpo lo produce.

La carenza di produzione di collagene, da parte dell’organismo, può comportare:

  • Perdita o assottigliamento dei capelli;
  • Cellulite;
  • perdita della lucentezza e del colore naturale della pelle;
  • Occhiaie e borse sotto gli occhi accentuate;
  • Dolori alle giunture;
  • Rash cutanei;
  • Debolezza muscolare;
  • Mal di testa.

È qui che entrano in gioco gli integratori di collagene.

Ecco una carrellata di ciò che i ricercatori hanno scoperto su come può aiutare un’integrazione di collagene:

  1. Aiuta la tua pelle ad essere più lucida e piena.

La perdita di collagene porta al cedimento caratteristico e alle rughe associate all’invecchiamento. Livelli più bassi di acido ialuronico significano anche che sperimenterai una pelle più secca, che non è una grande barriera tra la tua carne tenera e il mondo esterno.

L’ uso di prodotti topici con peptidi di collagene (o idrolizzati) migliora la funzione della pelle come barriera per trattenere le cose buone e quelle cattive. Possono anche aiutare il tuo corpo a produrre collagene e acido ialuronico.

Uno studio del 2015 suggerisce che l’assunzione di integratori di peptidi di collagene potrebbe ridurre le rughe e aumentare l’idratazione della pelle. Dopo solo 4 settimane, la pelle presentava più collagene e una minore rottura della rete di collagene.

In un altro studio del 2015 , anche una bevanda contenente collagene, vitamine e minerali si è dimostrata promettente. Ha contribuito a ridurre la profondità delle rughe del viso e a migliorare l’idratazione e l’elasticità della pelle nelle donne in postmenopausa.

Gli studi in corso stanno esplorando i meccanismi nutrizionali coinvolti nel miglioramento della fisiologia e dell’aspetto della pelle.

  1. Promuove una cartilagine sana per articolazioni comode

L’idrolizzato di collagene (noto anche come peptide di collagene) stimola la produzione di collagene nella cartilagine e in altri tessuti. L’osteoartrite è una condizione degenerativa che provoca dolore e perdita di funzionalità delle articolazioni.

In una revisione del 2016 di nove studi (su esseri umani, animali e cellule umane in laboratorio), i ricercatori hanno concluso che l’idrolizzato di collagene potrebbe aiutare con l’osteoporosi e l’osteoartrite. Può anche aumentare la densità minerale ossea, proteggere la cartilagine e alleviare il dolore.

  1. Rinforza i muscoli

In uno studio del 2015 con 53 partecipanti maschi adulti più anziani, i soggetti hanno assunto integratori di collagene e hanno fatto un programma di allenamento di resistenza 3 volte a settimana per 12 settimane.

Il gruppo di test ha aumentato la massa corporea magra e la forza muscolare, diminuendo la massa grassa.

Ma non funziona solo per le persone anziane. Uno studio del 2019 su 77 donne in premenopausa ha avuto risultati simili.

I partecipanti che hanno assunto collagene durante l’allenamento della forza per 12 settimane hanno avuto guadagni in massa magra e forza superiori a quelli del gruppo placebo.

Un altro studio del 2019 su 57 giovani uomini attivi ha mostrato un aumento della massa muscolare dopo 12 settimane di integratori di collagene e allenamento di resistenza.

  1. Previene l’aterosclerosi

L’aterosclerosi è una condizione causata dall’accumulo di placca sulla parete interna di un’arteria. Di solito non ha sintomi fino alla rottura di una placca che potrebbe essere pericolosa per la tua vita.

Come potrebbe avvenire questo tipo di rottura? Il collagene può svolgere un ruolo. Se il collagene intorno alla placca diventa meno resistente alla tensione, la placca diventa meno stabile e le placche con più collagene sono meno vulnerabili alla rottura.

Uno studio del 2017 ha indicato che gli integratori di tripeptidi di collagene possono aiutare a prevenire e curare l’aterosclerosi. Nello studio, 32 soggetti sani hanno assunto l’integratore ogni giorno per 6 mesi. I loro rapporti tra colesterolo HDL (“buono”) e colesterolo LDL (“cattivo”) sono migliorati insieme ad altri marker per l’aterosclerosi.

  1. Riduce il dolore

In uno studio del 2017 , 139 atleti con dolore al ginocchio hanno assunto peptidi di collagene o un placebo per 12 settimane.

I partecipanti che assumevano peptidi di collagene avevano dolore meno intenso durante l’attività e avevano bisogno di meno interventi aggiuntivi (come terapia fisica o impacchi di ghiaccio) per trattare il loro dolore.

Inoltre, uno studio del 2021 su 90 persone di età compresa tra 40 e 65 anni ha rilevato che un integratore di collagene riduceva il dolore articolare e la rigidità meglio di un placebo.

  1. Costruisce le tue ossa

L’osteoporosi è una malattia che causa una riduzione della massa ossea e ciò può rendere le ossa fragili. Ma è possibile combattere questa condizione.

Una revisione del 2016 della ricerca su esseri umani, animali e cellule umane nei laboratori ha concluso che gli integratori di collagene possono essere utili per l’osteoporosi.

In uno studio del 2018 , 131 donne in postmenopausa hanno assunto un integratore giornaliero di collagene per 12 mesi. Hanno visto un aumento significativo della densità minerale ossea nelle loro spine e femori. Lo studio ha anche riscontrato un miglioramento negli indicatori che suggeriscono una migliore formazione ossea e un ridotto deterioramento osseo.

  1. Rinforza le tue unghie

Un piccolo studio del 2017 con 25 partecipanti suggerisce che l’assunzione di peptidi di collagene per via orale può aiutare le unghie a crescere più velocemente e renderle meno soggette a rotture.

Fonte: Steve Zanardi- Coral Club

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il   parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai   consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Letteratura scientifica

Effetti dell’integrazione di collagene idrolizzato su allenamento muscolare.

Ruolo anti-infiammatorio nell’artrite post-traumatica.

Miglioramenti sulla pelle via integrazione orale.

Uno studio sugli effetti sulla pelle.

Capacità anti-invecchiamento del collagene.

Effetti positivi sulle giunture degli atleti.

Ruolo del collagene idrolizzato nella salute delle ossa e dei legamenti.

Gli effetti sulla salute dei muscoli.

Bibliografia

Marine collagen: a promising biomaterial for wound healing, skin anti-aging, and bone regeneration. Mar Drugs. 2022 Jan 10;20(1):61.

Effects of hydrolyzed collagen supplementation on skin aging: a systematic review and meta-analysis. Int J Dermatol. 2021 Dec;60(12):1.449-1.461.

Oral supplementation with hydrolyzed fish cartilage improves the morphological and structural characteristics of the skin: a double-blind, placebo-controlled clinical study. Molecules. 2021 Aug 12;26(16):4.880.

A randomized, triple-blind, placebo-controlled, parallel study to evaluate the efficacy of a freshwater marine collagen on skin wrinkles and elasticity. J Cosmet Dermatol. 2021 Mar;20(3):825-834.

Collagen supplementation for skin health: a mechanistic systematic review. J Cosmet Dermatol. 2020 Nov;19(11):2820-2829.

 

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Nodi di Hartmann

La Terra è composta da una griglia energetica che ricopre l’intero Pianeta. Che influenza ha questa struttura sulla qualità della nostra vita e soprattutto sulla nostra salute?

È stato riscontrato che i cani diventano inquieti e nervosi quando sentono avvicinarsi il pericolo e addirittura percepiscono quarantotto ore prima, l’arrivo di un terremoto. I giapponesi, ad esempio, si fanno aiutare dalle tortore a prevedere catastrofi naturali. In un laboratorio di studi di San Paolo in Brasile, pronosticano con stupefacente precisione l’arrivo di tifoni e cicloni, per mezzo della sensibilità dei gatti.

I nostri animali domestici sono dotati di facoltà extrasensoriali eccellenti. Sentono quando il padrone sta per morire o è in pericolo, anche se è lontano centinaia di chilometri. Hanno la capacità di leggere nella mente e intuire stati d’animo, di attraversare un continente alla ricerca del padrone perduto, e addirittura presagire e salvare i padroni da un imminente evento nefasto.

Questi esempi e moltissimi altri simili, dimostrano senza alcun dubbio, come tali esseri che l’uomo con ingiusta e sciocca presunzione considera inferiori, abbiano saputo mantenere il contatto con le energie “sottili” che permeano la Natura, e che l’uomo cosiddetto “civilizzato”, prigioniero del cemento, della tecnologia avanzata e di falsi miti del progresso, ha spesso irrimediabilmente perduto.

I nostri fedeli amici, frastornati dai molteplici inquinamenti dell’ambiente, dalla distruzione dei loro habitat naturali e dall’indegno e spietato sfruttamento al quale l’uomo li ha sottoposti, continuano nonostante tutto a sentire il loro legame con il grandioso e mistico tempio che è la Natura.

In sostanza, secondo alcuni studiosi, tutto il mondo animale interagisce con linee d’energia che pervadono l’intero pianeta. Secondo questi ricercatori, la Terra è circondata da una fitta rete di linee verticali ed orizzontali, un po’ come sul nostro mappamondo vediamo le linee di latitudine e di longitudine, ma molto più fitte, intorno ai 2 metri e mezzo, tra una linea e l’altraQuando queste linee orizzontali e verticali si congiungono, creano zone energeticamente perturbate, conosciute come i “nodi di Hartmann”. Da questi nodi, si formerebbe un’energia ascensionale che andrebbe ad interagire con la superficie esterna del pianeta.

Queste linee di energia, ricoprono tutta la nostra Terra come una gigantesca griglia sotterranea, che trasmette alla superficie parte dell’energia che in esse fluisce, finendo per interessare direttamente cose, animali e uomini. Gli animali sentono questa energia e reagiscono di conseguenza: ad esempio, il cane ha un’istintiva antipatia per le zone perturbate, mentre il gatto ama le vibrazioni dei raggi tellurici della rete e sceglie i luoghi a maggiore sollecitazione. Le api producono una quantità tripla di miele se sono su un nodo, le termiti e le formiche, invece, cercano le zone di più intensa irradiazione per costruirvi le loro dimore.

 

È fondamentale precisare che le fasce sono indice di vitalità della terra, in quanto essere vivente e non sono nocive di per sé. La nocività si manifesta quando questi campi elettromagnetici naturali entrano in conflitto con quelli artificiali, accumulando livelli di energia in eccesso.

Secondo i ricercatori, più si intrecciano le linee, più si formano potenti nodi radianti, che possono far sviluppare le geopatologie (anche gravi in caso di stazionamento prolungato su questi flussi energetici tellurici).

Ma cosa sono le geopatie?

Sono patologie, disturbi o alterazioni biologiche, causate da radiazioni naturali che si intrecciano con quelle artificiali.

Questa rete che ricopre tutto il pianeta, fu scoperta per caso dal dottor Ernest Hartmann, quando riscontrò un netto miglioramento nelle condizioni di una paziente, dopo che il suo letto venne spostato di alcuni decimetri dalla posizione precedente. A questa sua scoperta seguirono molti studi, da cui nacque la conoscenza delle suddette fasce che presero il suo nome.

Hartmann studiò per 12 anni gli effetti patogeni prodotti su 24.000 topi di laboratorio. Dopo aver rilevato il reticolo nella zona dell’esperimento, Hartmann collocò delle gabbie con 12.000 topolini nelle zone neutre della rete, mentre posizionò le gabbie con i restanti 12.000 sui nodi del reticolo, poi inoculò in tutti i topolini la stessa quantità di cellule tumorali. Nelle settimane successive constatò che i topolini che vivevano sui nodi si ammalarono tutti di cancro e morirono nel giro di 40 giorni, mentre la malattia crebbe durante i primi giorni nei topolini posizionati in zona neutra poi si stabilizzò per un lungo periodo. Alla fine del periodo di osservazione, erano sopravvissuti 8.000 topolini, il cui organismo, non indebolito dal campo di disturbo geopatico, era riuscito a vincere la malattia.

Già intorno al 1930, il Barone Van Pohl aveva portato una serie di statistiche che confermavano la diretta connessione tra stress geopatici e tumori. A Vilsbirburg, una città della Baviera, egli aveva controllato la posizione dei letti di 54 persone morte di cancro in un anno. E dopo aver segnato una mappa dei luoghi geopatici della città, confermò che tutti i 54 soggetti abitavano in zone ad alto rischio geopatico.

Molte altre ricerche di questo tipo hanno confermato il rapporto diretto tra luoghi geopatici, tumori e altre malattie: depressioni, disturbi mentali, perdita di sonno e di energia, senso di stanchezza e spossatezza fisica e mentale, mal di testa, nausea, rallentamento delle funzioni metaboliche.

Il sonno è la fase più esposta allo stress geopatico e allo stress elettromagnetico, perché ci vede inermi in balia delle onde elettromagnetiche. Sia quelle generate da fattori esterni legati all’attività umana (cavi e fili elettrici, compresi quelli nascosti nei muri, elettrodomestici, wi-fi, dispositivi vari…) sia quelle generate da una geopatia vera e propria, connessa alla presenza di condizioni particolari del sottosuolo.

È dimostrato che il corpo umano, per potersi liberare dalle tossine durante il sonno, necessità di condizioni alcaline. I campi elettromagnetici invece aumentano l’acidità, cioè la situazione opposta, che è causa di cancro e altre malattie. Vivendo, quindi, per lunghi periodi in particolari zone geopatiche, il corpo umano reagisce per adeguarsi alle variazioni, ma così facendo può facilmente sviluppare malattie.

Quali sono le zone con forte rischio?

Gli edifici costruiti sopra fessure geologiche del terreno, falde acquifere, sorgenti sotterranee, falde freatiche, concentrazioni di metano o altri gas. In corrispondenza di nodi di Hartmann, tutte le radiazioni generate da questi elementi, sono riportate in superficie. La situazione si aggrava ulteriormente se, in corrispondenza del nodo, abbiamo il pilastro delle fondamenta in cemento armato, poiché esso condurrà le radiazioni per tutto l’edificio.

Quello che possiamo fare è informarci in merito. Esistono rimedi totalmente naturali che sono in grado di neutralizzare l’energia del reticolo e dei nodi. La shungite, per esempio, è un materiale che neutralizza l’influenza del nodo.

Come fare?

Per prima cosa bisogna capire se negli ambienti in cui passiamo più tempo fermi (il letto, la scrivania al lavoro, il divano) vi sono nodi di Hartmann che possono indebolire l’energia dell’organismo. Ci sono diversi strumenti in commercio, non troppo costosi che ci aiutano a farlo, oppure ci si può rivolgere ad un tecnico specializzato.

Una volta individuati i nodi principali, si posiziona in quel punto una piramide di shungite pura. Questa straordinaria pietra, dalle molteplici qualità, è in grado di neutralizzare l’energia del nodo migliorando la qualità della nostra vita. Inoltre, si possono adoperare in fase di costruzione o ristrutturazione, guaine schermanti bioedili da posizionare nella soletta, che isolano fino a 10 piani circa. Esistono in commercio stuoie schermanti certificate da utilizzare sotto il materasso.

Sin dall’antichità gli insediamenti umani non sono mai stati casuali. Dolmen, obelischi, menhir, piramidi e grandi cattedrali ne sono un esempio. Nulla era dato al caso. Grande attenzione veniva data non solo alle risorse che un territorio offriva, ma anche alla sua “salute energetica”. Per percepire tale salute, si utilizzavano metodi legati ad abilità oggi non più considerate attendibili, quali la radiestesia, le capacità rabdomantiche, le visioni o le divinazioni.

In ogni caso, un luogo doveva emanare un certo tipo di energia per essere adibito ad una certa funzione e, non a caso, i templi erano situati in posti con determinate caratteristiche. Esiste una fisiologia energetica della Terra, che in qualche modo era palese ai nostri predecessori, ma che oggi purtroppo è scientemente occultata.

 

Articolo di Tina Camardelli

Fonte: https://www.ilsapere.org/nodi-hartmann-gli-effetti-sulla-nostra-salute/

Quando parliamo di Shungite, così come vedremo tra un attimo, dobbiamo differenziare due tipi di pietre; in genere ci si riferisce ad una pietra nera, relativamente leggera e simile al carbone nel suo aspetto generale, ma l’altro tipo, quello più prezioso, proviene dalla zona del villaggio di Shunga da cui proviene il nome e dove la sua prima traccia risale al XVI secolo.

Per tutti gli altri tipi, l’unico giacimento conosciuto al mondo di questo minerale ricopre più di un terzo della Regione della Carelia a nord-ovest della Russia, per cui non manca… almeno per il momento.

Lo Zar del XVII secolo Pietro I (più noto con il nome di Pietro il Grande), affetto da diversi problemi di salute come l’epilessia e l’uremia, doveva assolutamente trovare una soluzione per impedire a queste malattie di degenerare ed evitare il peggio… I suoi medici personali lo informarono allora che esisteva in Carelia una sorgente che sgorgava da una roccia nera, la cui acqua si diceva che avesse delle proprietà eccezionali per la salute. Senza pensarci due volte, il buon Pietro I, molto modesto, fece aprire in questo luogo una stazione termale in cui tutti potessero godere dei benefici di questa acqua e i primi a usufruirne furono ovviamente i suoi soldati di ritorno dalle numerose battaglie dell’epoca. Una vera star, questo Zar! Fu così che, bevendo l’acqua di questa sorgente che  sgorgava dalla roccia di shungite e anche immergendovisi, lo Zar vide migliorare giorno per giorno il suo stato di salute, sia fisicamente che mentalmente. Visti i risultati, gli venne l’idea di ordinare al suo esercito di lasciare permanentemente un pezzo di questa roccia sul fondo dei loro recipienti d’acqua, allo scopo di garantirne la potabilità e di trarre beneficio dalle sue
preziose proprietà: fu forse questo uno dei segreti della supremazia militare Russa?

Ho anche sentito raccontare che un’antenata appartenente alla famiglia dello Zar e che all’epoca era sterile, fu esiliata in un monastero della regione della Carelia e lì, con suo grande stupore, riuscì a guarire da quella problematica come per miracolo. La donna diede quindi alla luce il primo membro e fondatore della dinastia Romanov,  Mickael, anche se ciò non impedì a questa dinastia di conoscere una fine funesta a causa del comunismo. Questo per quel che riguarda la storia.

Attualmente la regione della Carelia è oggi ultra-industrializzata ma, cosa strana, il lago locale chiamato Onega è ancor oggi un esempio di purezza in tutta Europa. Nonostante i rifiuti, i luoghi conservano un livello medio accettabile di purezza, persino nell’aria.[…]

Natura della Shungite

La natura di base della Shungite è il Carbonio in formazione carbonio-60 (C60) o 70, una forma detta allotropica per la quale gli atomi si legano configurando una sorta di pallone da calcio da 60 o 70 atomi. Sull’origine della shungite esistono principalmente due ipotesi discusse dai ricercatori: la prima è che essa sarebbe un amalgama di diversi organismi planctonici fossilizzati; la seconda, a mio avviso più credibile, è che arriverebbe da un meteorite proveniente da una stella morta, altri che sia parte dell’asteroide Phaethon.

Penso che quest’ultima ipotesi sia più accettabile, altrimenti ce ne sarebbe in abbondanza sulla terra ma, in ogni caso, questo minerale è vecchio all’incirca 2 miliardi di anni. Comunque una cosa è certa: ad oggi non esiste un minerale avente una composizione equivalente a quella della shungite il che la rende UNICA, tanto che il suo mistero strutturale non è ancora stato completamente chiarito dalla comunità scientifica, né sul piano fisico né su quello vibrazionale (la scienza è ben al corrente dell’esistenza di questo campo).

Un’altra cosa molto interessante da sapere è che la shungite è il solo minerale organico che contiene in sé la totalità degli elementi naturali della tavola di Mendeleev; ciò significa che questa pietra contiene tutti gli elementi chimici presenti sulla Terra. Inoltre, dal pumo di vista elettrico, è altamente conduttiva (anche più dell’oro): questo potrebbe avere a che fare con la Pietra Filosofale?

State tranquilli, non vi parlerò dei suoi aspetti strutturali, né dei dati accertati nei laboratori, ma solamente di ciò che rende la shungite una pietra unica: i fullereni.

Il dizionario Larousse definisce i fullereni come una varietà cristallina di carbonio la cui molecola è costituita da un gran numero di atomi. I fullereni sono simili alla grafite, composta di fogli, anelli esagonali legati, ma contenente degli anelli pentagonali e talvolta ottagonali, il che impedisce al foglio di essere piatto. I fullereni furono scoperti nel 1985 da Harold Kroto, Robert Curi e Richard Smalley e questo valse loro l’attribuzione del premio Nobel per la chimica nel 1996. Il primo fullerene scoperto – il C60 – è composto da 12 pentagoni e da 20 esagoni e ad ogni vertice corrisponde un atomo di carbonio e ad ogni lato un legame covalente. Ha una struttura identica alla cupola geodetica o ad un pallone da calcio. Per questo motivo, viene chiamato “buckminsterfullerène” in onore di Buckminster Fuller che concepì la cupola geodetica o “pallone da football”. Come possiamo vedere, il C60 forma una sfera. Ora, tutti gli alchimisti sanno che la  sfera è il principio più stabile e più perfetto della creazione…

Cosa strana, la shungite è il solo minerale sulla terra a possedere in sé dei fullereni (peraltro abbondanti nell’universo) che, grazie alle loro proprietà fisiche e quantiche, sono probabilmente all’origine di numerosi benefici su tutto ciò che è vivente.

Esistono più tipi di shungite a seconda della diversa concentrazione di carbonio e di silicati presenti e precisamente:

1. Shungite di tipo I (chiamata anche qualità argento, cristallina o meteoritica): ha apparenza semi-metallica, contiene fino al 90-98% di carbonio e silicati; ha un’altissima concentrazione di carbonio-fullerene, ma è così rara che rappresenta meno dell’1 % della produzione totale di shungite ed è costosissima (intorno ai 2-5 euro al grammo).
In ogni caso anche se ogni tanto uso il termine gergale di “shungite cristallina”, questo nome è errato perché la shungite, di fatto, non è cristallizzata

2. Shungite di tipo II (nera): contiene il 60-90% di carbonio e silicati e circa il 30% di carbonio-fullerene. Si tratta certamente del miglior prodotto che si possa trovare in giro in rapporto qualità/prezzo, per cui gli oggetti armonizzanti (ad esclusione di quella per l’acqua da bere) riguardano questa tipologia di shungite che proviene per lo più dalla cava di Zazhoghinskaia;

3. Shungite tipo III e IV: si tratta di qualità in genere provenienti dalle cave di Macsovscaia e di Nigozerscaia, aventi contenuto di carbonio+silicati rispettivamente del 30- 50% e al di sotto del 3%, per cui la percentuale di carbonio fullerene diviene molto bassa, motivo per il quale gli effetti energetici di queste tipologie sono molto blandi.

Inoltre ci sono anche altre pietre che vengono spacciate per shungite.  La nostra shungite, la tipo II, è di colore nero antracite e la sua superficie è vellutata sia allo stato grezzo che quando è levigata ed è facile da scolpire; la fuliggine presente sulla superficie non è tossica e scompare dopo un lavaggio. Inoltre può presentare delle sottili venature bianche di steatite. La shungite si comporta in modo del tutto diverso rispetto agli altri minerali; se la prendiamo in mano, di primo acchito constatiamo che non irradia come certi cristalli attivi, ma agisce piuttosto come unasorta  di spugna che opera una selezione di alcune cose dentro di noi. Tuttavia ho constatato che questo è un ragionamento semplicistico e che la verità è più profonda. In effetti, ho sperimentato che essa si attiva solo in caso di necessità e che agisce sempre ad un livello conforme all’essere vivente che la usa.

Gli altri minerali sono neutri o attivi, oppure assorbono in modo grezzo se non si controlla l’intenzione che si emette mentre può esserne necessaria una programmazione per raggiungere l’obiettivo desiderato. Nel caso della shungite invece, essendo dotata di una sua forma d’intelligenza (grazie ai famosi fullereni), essa esegue il suo compito a seconda del bisogno del soggetto in questione. Dirò di più: grazie alle mie esperienze fatte con questa pietra, ho acquisito la certezza che la shungite interagisce con l’essere vivente riattivando la sua intelligenza cellulare mutilata o inquinata.

Inoltre sembra che questa pietra trasmuti tutto ciò che non è conforme alla Vita mediante un fenomeno di adsorbimento, da non confondersi con l’assorbimento. La parola adsorbimento, secondo il dizionario Larousse, è definita come il fenomeno per il quale dei solidi pulverulenti o porosi o delle soluzioni, trattengono sulla loro superficie delle molecole o ioni in fase gassosa o liquida.  In generale, la shungite è una specie di buco nero che catalizza, filtra e restituisce la condizione naturale, che si parli di cose fisiche o di energie: ecco come funziona questo misterioso Carbonio-60. In effetti, non importa come, l’importante è che funzioni bene.

Un altro aspetto veramente favoloso è che questa pietra non si deve mai ricaricare e non ha bisogno di nessuna purificazione! Allora non venite a chiedermi se occorre il sale o il sole poiché questi elementi sono assolutamente inutili. Per il trattamento dell’acqua, alcuni commercianti russi consigliano solo di cambiare la pietra ogni 6 mesi/un anno per una questione d’igiene.

Ma poiché essa non si scarica e non va ricaricata, penso che il motivo sia quello di fare buoni affari, rendendola un bene di consumo come filtro per l’acqua: furbi…

Per quale motivo affermo che non è necessario cambiare la pietra? Con la presenza pluriennale di un’industria colossale insediata in Carelia, il suo ambiente, tra cui il Lago Onega, dovrebbe essere ormai da tempo in uno stato pietoso a causa della saturazione della roccia (come del resto succede con qualsiasi altro sistema filtrante), mentre ciò non si è verificato. Questo dimostra, appunto, che la shungite non filtra, possedendo una porosità soltanto del 5 per cento, bensì distrugge gli elementi che possono causare danni all’organismo. Detto questo, anche se si decidesse di cambiarla, essa rimarrebbe comunque funzionale per tutte le altre applicazioni, per cui ognuno può fare come  crede, anche in relazione alle sue capacità di percezione energetica.

 

Test di conduttività della shungite

Il principio del test si basa sul fatto che il corpo da testare deve essere inserito dentro un circuito chiuso in cui all’inizio scorre una determinata corrente; quando si collega la pietra da esaminare si possono ottenere due risultati possibili: se il materiale è conduttivo, la corrente continua a circolare se il materiale è isolante, la corrente cessa di circolare.
Generalmente per permettere alla corrente di circolare nel circuito si utilizza una lampadina. Il test è semplice: se la lampadina si accende significa che il corpo testato è   un conduttore elettrico, altrimenti è un isolante. Con del materiale facilmente reperibile e con qualche conoscenza semplice di base, potrete quindi facilmente sapere    se la vostra shungite è di buona qualità o se è una  semplice imitazione.

Utilizzo della shungite per il trattamento dell’acqua

shungite

Immergendo la shungite in acqua, anche quella di rubinetto, la relativa vibrazione si eleva e, conseguentemente, l’acqua si purifica. Pertanto la shungite:
• purifica e addolcisce l’acqua
• elimina il gusto e l’odore del cloro
• capta e inabilita i metalli pesanti (un’azione dei fullereni)
• distrugge i residui dei pesticidi
• reidrata bene il nostro corpo, così come quello degli animali e delle piante
• possiede delle proprietà antibatteriche naturali

L’uso regolare di acqua attivata dai fullereni della shungite, opera in noi un cambiamento già sul piano fisico. Inizialmente avviene un fenomeno di disintossicazione cellulare allo scopo di liberare le cellule da tutto ciò che non è vitale per il nostro organismo, in seguito si determina una riparazione e rigenerazione progressiva di certe fragilità e altre debolezze fisiche. Alcuni mali cronici, come le allergie, possono correggersi perdendo di intensità durante le  crisi e migliorando con il tempo. Molto spesso si è constatato un netto sollievo rispetto a dolori articolari, mal di testa, mal di schiena ecc., ma anche un ridursi dei fastidi dovuti a disturbi psichici e
psicologici.

Ho detto volutamente correggersi e non guarire intendendo evidenziare che la shungite interviene all’origine di ciò che non funziona e quindi non esegue un’azione esclusivamente superficiale. Inoltre, come ho fatto notare prima, la shungite riattiva la nostra intelligenza cellulare che si mette, pertanto, all’opera per eliminare tutte le tossine e gli agenti patogeni: siamo noi, quindi, a guarire noi stessi. Infatti la shungite non è affatto una medicina (per coloro che non l’avessero capito): non fa altro che riprogrammarci a livello cellulare al fine di recuperare una certa autonomia nei processi di guarigione. In un certo senso, possiamo considerare questo tipo di utilizzo della shungite come una forma di omeopatia minerale. Ricordo, ad ogni buon conto, che l’uso di questa pietra non sostituisce in nessun caso un parere medico e neppure tutti i trattamenti inerenti alla diagnosi elaborata da un medico competente. […]

Come preparare l’acqua

Ricordate che le proporzioni sono 1 a 10 e quindi per 1 litro d’acqua, si devono utilizzare 100 gr di shungite.

La procedura è la seguente:
procurarsi dei sacchetti di shungite frantumata oppure in pietre (molto più pratiche)
• lavare le pietre, così da eliminare la famosa fuliggine che sarebbe fastidiosa e
resterebbe in sospensione nell’acqua
• depositare il volume di pietre corrispondente sul fondo di una caraffa, rispettando le
proporzioni acqua/pietre
• versare la propria acqua preferita: acqua di sorgente, minerale o anche del rubinetto
e lasciar agire la shungite per almeno 48 ore
• filtrare e versare l’acqua “informata” in una bottiglia o in un altro recipiente adatto
alla sua conservazione.

Sì, la procedura può sembrare lunga, ma non bisogna dimenticare che qualsiasi operazione di trasformazione e stabilizzazione richiede un minimo di tempo.[…] Invito quindi i lettori a organizzare la preparazione dei giusti quantitativi di acqua in funzione del ritmo del loro consumo personale, al fine di non rimanerne mai sprovvisti, per esempio utilizzando dei bidoni da cinque litri (quindi con 500 gr di pietre).

Esempio pratico:
• procurarsi 3 bidoni da 3 o 5 litri cadauno
• riempire un bidone di shungite (se è da 3 litri = 300 gr di pietre, da 5 litri = 500 gr di
pietre)
• lasciar agire la shungite nell’acqua per due giorni
• trascorse le 48 ore, prelevare la shungite e cominciare ad usare l’acqua
• ripetere l’operazione riempiendo il secondo bidone d’acqua e lasciar agire la shungite
• dopo 48 ore conservare quest’acqua e ripetere l’operazione con un terzo bidone.
In questo modo avremo sempre un bidone in produzione e due da usare così che non ci ritroveremo mai a corto di acqua trattata.

Portare la shungite su di sé

Parleremo ora della shungite in un campo più personale, quello del portare su di sé oggetti in shungite. Abbiamo scoperto in precedenza che, grazie alle sue proprietà straordinarie, la shungite è un vero e proprio buco nero quantico e questa sua caratteristica peculiare vale anche quando entriamo fisicamente in contatto con questa pietra. La nostra vita sociale nel quotidiano non ci permette di essere sempre perfettamente in armonia con il nostro essere interiore. Anche quando percorriamo un cammino di evoluzione di coscienza e il nostro livello è elevato, può accadere talvolta che l’ambiente nel quale evolviamo ci crei disturbo a diversi livelli e precisamente:

• a livello fisico
• a livello mentale o psichico
• a livello puramente spirituale

Anche se è vero che possiamo fare a meno dei mezzi materiali per ritrovare il nostro equilibrio olistico, che si tratti di strumenti trasmessi per iniziazione o altro, penso che la shungite potrebbe facilitarci moltissimo il compito. In realtà, il fatto di portare addosso la shungite ci aiuta immediatamente a ritrovare la bussola in diversi ambiti. Anche in questo caso, non c’è nulla di più semplice: basta portare su di sé un pezzo di shungite, anche in una semplice tasca e non c’è nient’altro da fare! Infatti la pietra si attiva automaticamente soltanto quando se ne presenta la necessità.

Di seguito un paio tra i tanti oggetti in shungite da indossare. Comunque consiglio vivamente di portare una shungite come ciondolo, per i motivi che ora spiegherò. Quando portiamo un ciondolo nella zona del timo o del chakra del cuore, luogo di connessione con la nostra intelligenza interiore, le informazioni quantiche del ciondolo attivano il discernimento cellulare del nostro corpo. In effetti, il chakra del cuore è il luogo di connessione energetica per eccellenza ed è a tale livello che si creano le diverse affinità tra di noi.

shungite

Gli effetti

Indossando oggetti di shungite si forma uno scudo protettivo contro tutte le forze che creano disturbo nel  mondodegli esseri viventi. Le onde elettromagnetiche, compreso il    Wi-Fi, quelle prodotte dagli elettrodomestici e  dai computer e altre forze come il fenomeno della gabbia di Faraday negli autoveicoli ecc., vengono neutralizzate da un vero e proprio scudo che, in realtà, non le blocca; esse vengono aspirate da questo famoso buco nero (il fenomeno dell’adsorbimento), che si è allineato con il nostro campo biomagnetico (aura personale) che, di conseguenza, aumenta d’intensità.

Inoltre si verifica un fenomeno di radicamento molto profondo alla terra e, dolcemente, si mette in moto il riallineamento dei nostri corpi energetici che determina una centratura perfettamente stabile! Con mia grande sorpresa – e non sono l’unico ad averlo constatato – questi effetti sono molto più potenti dell’azione della maggior parte degli altri minerali, tra cui la famosa tormalina nera.

Il difetto principale della tormalina nera (Schorl) sta nel fatto che si satura rapidamente e ha bisogno di essere purificata spesso, il che non avviene con la shungite. La cosa divertente (un piccolo dettaglio che molte persone sensibili potranno constatare) è che a contatto con la pelle questa pietra provoca in noi la sensazione di una reazione a catena, tipo leggeri formicolii, come se tutta la macchina si mettesse in moto. Per contro, faccio una raccomandazione molto importante a tutti i fanatici “intossicati” dalle pietre che se le portano continuamente addosso come se fossero alberi di Natale e, in generale, alle persone sensibili ai poteri dei cristalli: non rimanete mai a contatto con la shungite durante il sonno. Perché? La notte, o comunque quando ci addormentiamo, usciamo dal  corpo per poterci rigenerare energeticamente; siccome la shungite ci mantiene collegati alla terra, potremmo intralciare questo processo generando disturbi del sonno, un risveglio con il mal di testa ecc.

L’unica eccezione è durante le meditazioni, attive o passive, perché in questo caso l’eventuale sonnolenza che viene a crearsi non sarà disturbata dagli effetti della shungite. A proposito delle meditazioni, la shungite è di grande aiuto: in effetti, senza parlare del lavoro spirituale, mettendola sulla fronte, essa ci aiuta a far tacere il chiacchierio mentale; interviene infatti sulle nostre onde cerebrali, a seconda della nostra intenzione o del lavoro da svolgere, il che ci permette di migliorare la nostra concentrazione.

D’altro canto la mia personale opinione è che bisogna toglierla ogni tanto per non diventarne dipendenti: la shungite deve insegnare al nostro corpo ad auto-regolarsi progressivamente, allo scopo di diventare autonomo e non diventare assistito per sempre. Gli esseri umani hanno spesso la tendenza a diventare schiavi dei loro stessi strumenti, mentre dovremmo servircene per realizzarci, non per definire noi stessi attraverso di loro. Per quanto riguarda il lavoro dei terapeuti e degli specialisti indiscipline energetiche, la shungite portata su di sé impedisce di assorbire le eventuali negatività della persona da trattare, ma anche di scaricarle dalla propria aura. In questo caso essa funziona come un vero e proprio regolatore di flussi.[…]

Portare la shungite ci aiuta a lavorare su noi stessi, poiché ci dà progressivamente stabilità a livello mentale e spirituale, potendoci accompagnare proficuamente durante tutto il lavoro esoterico, spirituale o meditativo. Ho constatato personalmente una maggior facilità in certi esercizi di sviluppo delle mie facoltà psichiche grazie alla centratura istantanea prodotta dall’utilizzo della shungite. In tutti i casi in cui possiamo
essere fragili o deboli emotivamente, è utile portare la shungite a metà tra il plesso
solare e l’ombelico fino a quando la situazione migliora e non oltre.[…]

Esempi di utilizzo per le cure fisiche

La shungite è una pietra “intelligente” che sa adattarsi ai bisogni dell’organismo vivente che la usa. Da tempo immemorabile gli abitanti della regione della Carelia utilizzano questa pietra per scopi terapeutici con risultati stupefacenti. Ho constatato con stupore la rapidità fulminea con cui agisce questa pietra. Dovete sapere che sono elettro-sensibile e sono regolarmente colpito dal mal di testa a causa di radiazioni elettromagnetiche di diversa natura, oppure quando il clima cambia di colpo, come nel caso di un temporale imminente. Senza nessuna aspettativa, ho posato un pezzo di shungite a livello della nuca e dopo circa trenta secondi/un minuto il dolore è scomparso.

Nella litoterapia (metodo energetico che usa i minerali come strumenti per indurre guarigione) classica non ho mai avuto dei risultati così rapidamente, anche utilizzando la malachite (nota come antinfiammatoria). Come può un sasso, che non assomiglia a nulla, togliere un dolore così acuto ad una tale velocità? Mi sono allora ricordato che non è la pietra in sé ad avermi tolto il dolore (contrariamente a qualsiasi altro cristallo che emette la sua vibrazione per guarire), ma piuttosto il mio sistema di autoguarigione cellulare che si è attivato istantaneamente grazie ad essa. Partendo da un certo disagio, secondo il mio modo di sentire, la shungite effettua una sorta di scansione rapida che localizza l’ampiezza del male, ne determina l’origine e poi avvia in noi un fenomeno di autoregolazione che corregge il problema. Ovviamente ho fatto numerose prove alla cieca su altre persone: per esempio, in un caso di reumatismo nella zona del pollice, ho personalmente ricevuto la conferma che il dolore spariva a contatto con la pietra. Ma poiché il problema era di vecchia data, è stato necessario portarla a contatto con la pelle per un certo periodo di tempo (in questo caso, un pezzo di shungite posto in un mezzo guanto).

Altri casi:

• affaticamento degli occhi: mettere un ciottolo di shungite sugli occhi per 15-20
minuti; questo ridurrà la saturazione di informazioni
• crampi allo stomaco o transito intestinale difficile: mettere il ciottolo sulla zona del plesso solare per una ventina di minuti, al termine bere dell’acqua trattata con la shungite
• dolori articolari: mettere la shungite sulla zona interessata utilizzando il principio del cataplasma; a questo scopo, servirsi di un mezzo guanto per le mani o di una garza, senza stringere troppo, per mantenere il contatto
• bruciatura leggera: l’acqua trattata con la shungite è molto efficace in questo caso
• per i mal di schiena ci si può procurare una cintura in cui si metteranno dei pezzi di shungite; si pone sulla regione lombare o sulla zona della colonna vertebrale.

Non citerò tutti i mali da trattare; in ogni caso il principio rimane lo stesso: mettere la pietra sulla zona da trattare affinché il processo abbia inizio per risonanza. Ma, prima di tutto, andate dal medico: la shungite non sostituisce il trattamento adeguato prescritto dal medico, ma è soltanto complementare. Più il problema è recente, più rapidamente si risolverà, come, per esempio, per le piccole crisi di dolore acuto, le contusioni, i movimenti sbagliati ecc. Più i problemi sono vecchi, più saranno lunghi da trattare, ma si andrà sempre verso un progressivo alleviamento; il mio consiglio è di imparare ad usare la vostra immaginazione ora che conoscete le istruzioni generali per l’uso.

Riequilibrio energetico

Ecco ora un argomento che interesserà molti di voi. La shungite può essere utilizzata con efficacia allo scopo di riequilibrare il nostro sistema energetico. Come si fa? Bisogna prendere una shungite in ogni mano? E beh no, non è esattamente così! Per procedere ad un riequilibrio energetico stabile, abbiamo sempre bisogno di due polarità: il più e il meno, il femminile e il maschile, lo Yin e lo Yang e così via. È come se volessimo ricaricare la batteria scarica della nostra auto: utilizziamo sempre i due morsetti di questa batteria.

Ma allora, come procedere? Come trovare l’altro morsetto della batteria che ci ricaricherà? Si dà il caso che l’altro minerale di base da utilizzare, il duale femminile della shungite, sia la steatite.

La steatite è un minerale naturale che si trova in abbondanza in Finlandia e anche nello stesso luogo in cui si trova la shungite della Carelia.

Le sue caratteristiche sono stupefacenti quanto quelle della shungite: è molto resistente al calore e possiede un grande potere di accumulo e di conduzione termica, tanto che si costruiscono le stufe con questa pietra.

Il tipo di steatite che utilizzeremo è la Tulikivi, varietà specifica della Carelia, di color grigio perla. Essa si distingue per una utile peculiarità: la presenza di un elevato tasso di magnesio che ha proprietà biomagnetiche rispetto all’essere vivente.

Combinando quindi la Tulikivi con la Shungite, otteniamo la coppia ideale per creare il nostro strumento per il riequilibrio energetico.
Questa coppia è facile da procurarsi. Esistono diverse possibilità che funzionano esattamente nello stesso modo, è solo una questione di sentire e di estetica, poiché bisogna sentirsi a proprio agio quando si usano. Tutto dipende dalla dimensione delle vostre mani. Potete quindi utilizzare:
• dei bastoncini cilindrici
• delle sfere
• delle piccole pietre grezze o levigate, molto pratiche da portare con sé ovunque

Per i terapeuti

La shungite è un ottimo mezzo per prepararsi alle sedute, ma anche per pulirsi da eventuali negatività energetiche.

In questo caso, per liberarsi dalle energie negative, si possono eseguire dei passaggi magnetici intorno al corpo con una piastra di shungite o semplicemente prenderne un pezzo in ognuna delle due mani, specialmente quando abbiamo a che fare con casi difficili.

Un’altra astuzia: incollate dei cubi di shungite sotto la parte interna (sottostante) del vostro lettino da massaggio, nei quattro angoli: questo creerà una rete energetica in grado di alleggerire il lavoro. Questa accortezza è assolutamente consigliata per il nostro letto.

Utilizzo in meditazione

Ecco diversi modi di praticare delle sedute di meditazione con la shungite molto semplici in quanto non richiedono nessun esercizio di visualizzazione.

Il metodo dolce

Occorre procurarsi un pezzo di shungite di qualsiasi forma (il ciondolo è l’ideale per questo lavoro). Distendersi il più comodamente possibile, con la schiena diritta, le braccia lungo il corpo e le gambe non incrociate.

Molto importante: la testa e il collo devono essere distesi, perché una tensione troppo forte sui muscoli creerà un fastidio non soltanto  fisico, ma disturberà anche la circolazione energetica.
A tal proposito si consiglia di non usare il cuscino, in modo che la testa sia il più possibile dritta e in armonia con la colonna vertebrale.

Mettere la shungite a livello del  terzo occhio e, se possibile, metterne un secondo pezzo tra le gambe, a livello del chakra della radice. Focalizzare tutta l’attenzione su questa zona, con gli occhi chiusi; in
seguito lasciar succedere ed emergere ciò che deve essere. È un lavoro che si svolge con dolcezza e dura da mezz’ora a quaranta minuti per seduta; ciò ci aiuta a ritrovarci in noi stessi e ci insegna poco per volta a rimanere interiormente in silenzio.

Metodo più radicale

In questo caso si tratta di compiere un lavoro molto più profondo che permette di agire e ritrovare la centratura della nostra coscienza, dei nostri corpi energetici e, perché no, di fare un viaggio in altre sfere… Questo lavoro dura da quindici a venti  minuti al massimo. La posizione da assumere è identica a quella descritta in precedenza.

Procurarsi:
• un pezzo di shungite da mettere sul terzo occhio
• un pezzo da mettere sul chakra del cuore
• una coppia di armonizzatori (Shungite-Tulikivi) da tenere nelle mani
• un pezzo da mettere a livello dei piedi
Questa configurazione è l’ideale per un lavoro completo di pulizia/sviluppo di sé.

Tuttavia è molto interessante notare che esistono altre combinazioni possibili di armonizzatori, utilizzando comunque sempre la shungite che rimane ovviamente la pietra di base per questo lavoro.

 

La polidatina (trans-resveratrol-3-O-glucoside) è un composto naturale appartenente alla classe degli stilbeni, della famiglia dei polifenoli. E’ possibile estrarla dalle radici della pianta di Poligonum Cuspidatum, originaria dell’Asia ma attualmente molto diffusa anche in America ed Europa.

La polidatina è considerata la molecola “gemella” del resveratrolo: i due stilbeni, infatti, differiscono solamente per una molecola di glucosio presente nella polidatina, differenza che la rende maggiormente solubile, più resistente agli attacchi enzimatici e migliore dal punto di vista dell’assorbimento intestinale e della biodisponibilità. Grazie alla sua elevata solubilità in acqua, la polidatina può anche essere somministrata per via parenterale, prestandosi ad una migliore utilizzazione farmacologica.

Utilizzi della polidatina

Resveratrolo e polidatina sono caratterizzati circa dagli stessi effetti biologici, solo che quest’ultima risulta essere decisamente più potente, grazie alla differenza strutturale che la rende molto più assimilabile. Le applicazioni cliniche del resveratrolo, a causa del suo scarso assorbimento e rapido metabolismo, sono limitate.

La polidatina viene utilizzata soprattutto in ambito medico come potente antiossidante e antinfiammatorio nella prevenzione e trattamento delle patologie croniche correlate a infiammazione e stress ossidativo:

  • Diabete mellito
  • Obesità
  • Malattie cardiovascolari
  • Malattie neurodegenerative
  • Cancro

Diversi studi hanno confermato che la polidatina è in grado di ridurre la la propagazione (effetto scavenger–spazzino) di specie reattive dell’ossigeno, la produzione di ossido nitrico e di citochine pro-infiammatorie mediante l’inibizione dell’inflammosoma NLRP e la via di segnalazione del recettore NF-kB, entrambi fattori coinvolti nei processi infiammatori (1,2,3).

Polidatina e oncologia

Le attività antitumorali della polidatina sono mediate attraverso la modulazione di diverse molecole segnale che regolano la progressione del ciclo cellulare, l’infiammazione, la proliferazione e l’angiogenesi delle cellule tumorali.

Gli studi in letteratura circa di gli effetti della polidatina sono diversi e riguardano diverse forme tumorali:

  • In uno studio in vitro del 2018 la polidatina è stata in grado di ridurre la proliferazione e migrazione delle cellule di tumore polmonare non a piccole cellule mediante l’inattivazione dell’inflammosoma NLRP e bloccando la via NF-kB (4).
  • In uno studio del 2019 è stato osservato che la polidatina, in vitro, è in grado di sopprimere la migrazione e l’invasività delle cellule di epatocarcinoma e aumentare i processi di apoptosi delle cellule tumorali. Il meccanismo molecolare coinvolto è il blocco della via di segnalazione AKT/STAT3-FOXO1 (5).
  • Uno studio del 2019 su un modello animale di topi con tumore al seno, ha mostrato che la polidatina ha un effetto anti-proliferativo, anti-angiogenetico e pro-apoptotico. Il meccanismo d’azione è l’inibizione della via di segnalazione PI3K/AKT (6).
  • Uno studio in vitro del 2017 ha mostrato che la polidatina è in grado di indurre apoptosi e bloccare la proliferazione delle cellule di carcinoma della cervice uterina mediante l’inibizione della via di segnalazione PI3K / AKT / mTOR (7).
  • In uno studio in vitro del 2019 è stato osservato che la polidatina inibisce la proliferazione cellulare e promuove l’apoptosi nelle cellule di osteosarcoma. Il meccanismo molecolare alla base di tali effetti è il blocco del pathway TUG1 / Akt (8).
  • Uno studio del 2016 su una linea cellulare in vitro di leucemia, ha mostrato che la polidatina inibisce in modo significativo la proliferazione delle cellule tumorali e ha aumentato i processi di apoptosi. Il meccanismo molecolare coinvolto è l’inibizione del gene JAK2 che codifica per una proteina coinvolta nella promozione della crescita e divisione cellulare (9).
  • Uno studio del 2013 su linee cellulari in vitro di tumore del colon-retto ha mostrato che il trattamento combinato di polidatina e resveratrolo ha prodotto sulle cellule tumorali degli effetti antiproliferativi e pro-apoptotici. Inoltre le due sostanze sembrano avere un’azione sinergica. Il meccanismo d’azione è l’inibizione del pathway PI3K / AKT (10).
  • Uno studio in vitro del 2017 ha osservato che con l’aumentare della concentrazione di polidatina diminuiva sempre di più la proliferazione delle cellule di mieloma multiplo, aumentava l’apoptosi e l’autofagia. Il meccanismo molecolare individuato è l’inibizione della via di segnalazione mTOR / p70s6k (11).

Se da un lato la polidatina è utile nel contrastare la crescita tumorale, dall’altro lato alcuni studi hanno dimostrato che potrebbe essere utile per migliorare la chemiosensibilità o ridurre gli effetti collaterali delle terapie tradizionali di chemio-radioterapia quando indifferibili:

  • Uno studio in vitro del 2019 ha dimostrato che trattando con polidatina linee cellulari di osteosarcoma, resistenti al trattamento con paclitaxel, è stata soppressa la crescita del tumore ed è stata indotta l’apoptosi migliorando, di conseguenza, l’efficacia del paclitaxel (12).
  • Secondo uno studio del 2019 su un modello murino, la polidatina ha un effetto radiosensibilizzante: la terapia combinata di polidatina e radioterapia ha infatti notevolmente ridotto il volume del tumore (13).
  • Uno studio in vivo su un modello murino del 2018 ha mostrato che la polidatina è in grado di alleviare le lesioni indotte dalle radiazioni (14).

Controindicazioni ed effetti collaterali

Ad oggi la polidatina non ha mostrato tossicità o effetti collaterali.

Riferimenti bibliografici:

1) Foods. 2019 Nov 7. Polydatin and Resveratrol Inhibit the Inflammatory Process Induced by Urate and Pyrophosphate Crystals in THP-1 Cells. Oliviero F, Zamudio-Cuevas Y, Belluzzi E, Andretto L, Scanu A, Favero M, Ramonda R, Ravagnan G, López-Reyes A, Spinella P, Punzi L.

2) J Cell Mol Med. 2017 Nov. Polydatin reduces Staphylococcus aureuslipoteichoic acidinduced injury by attenuating reactive oxygen species generation and TLR2NFκB signaling. Gan Zhao, Kangfeng Jiang, Haichong Wu, Changwei Qiu, Ganzhen Deng,  and Xiuli Peng

3) Nutrients. 2019 Nov 15. Polydatin Inhibits NLRP3 Inflammasome in Dry Eye Disease by Attenuating Oxidative Stress and Inhibiting the NF-κB Pathway. Park B, Jo K, Lee TG, Hyun SW, Kim JS, Kim CS.

4) Biomed Pharmacother2018 Dec. Polydatin suppresses proliferation and metastasis of non-small cell lung cancer cells by inhibiting NLRP3 inflammasome activation via NF-κB pathway. Zou J, Yang Y, Yang Y, Liu X.

5) Oncol Lett. 2019 May. Polydatin inhibits hepatocellular carcinoma via the AKT/STAT3-FOXO1 signaling pathway. Jiang J, Chen Y, Dong T, Yue M, Zhang Y, An T, Zhang J, Liu P, Yang X.

6) J Cell Mol Med. 2019 May. Targeting the ROS/PI3K/AKT/HIF1α/HK2 axis of breast cancer cells: Combined administration of Polydatin and 2Deoxydglucos. Tao Zhang,Xinying Zhu, Haichong Wu, Kangfeng Jiang, Gan Zhao, Aftab Shaukat, Ganzhen Deng, and Changwei Qiu  

7) Zhongguo Zhong Yao Za Zhi. 2017 Jun. Polydatin induces human cervical cancer cell apoptosis via PI3K/AKT/mTOR signaling pathway. Pan JH, Wang HB, Du XF, Liu JY, Zhang DJ.

8) Toxicol Appl Pharmacol. 2019 May 15. Polydatin inhibits proliferation and promotes apoptosis of doxorubicin-resistant osteosarcoma through LncRNA TUG1 mediated suppression of Akt signaling. Hu T, Fei Z, Su H, Xie R, Chen L

9) Mol Med Rep. 2016 Apr. Polydatin-induced cell apoptosis and cell cycle arrest are potentiated by Janus kinase 2 inhibition in leukemia cells. Cao WJ, Wu K, Wang C, Wan DM.

10) J Transl Med. 2013 Oct 20. Polydatin, a natural precursor of resveratrol, induces cell cycle arrest and differentiation of human colorectal Caco-2 cell. De Maria S, Scognamiglio I, Lombardi A, Amodio N, Caraglia M, Cartenì M, Ravagnan G, Stiuso P.

11) Onco Targets Ther. 2017 Feb 16. Polydatinregulates proliferation, apoptosis and autophagy in multiple myeloma cells through mTOR/p70s6k pathway. Yang B, Zhao S.

12) J Cell Biochem. 2019 Oct. Polydatinenhances the chemosensitivity of osteosarcoma cells to paclitaxel. Zhao W, Chen Z, Guan M.

13) Int J Biol Sci. 2019 Jan 1. PolydatinIncreases Radiosensitivity by Inducing Apoptosis of Stem Cells in Colorectal Cancer. Chen Q, Zeng YN, Zhang K, Zhao Y, Wu YY, Li G, Cheng HY, Zhang M, Lai F, Wang JB, Cui FM

14) Biosci Rep. 2018 Nov 13. Protective effect of polydatinon radiation-induced injury of intestinal epithelial and endothelial cells. Li L, Zhang K, Zhang J, Zeng YN, Lai F, Li G, Ma N, Hu MJ, Cui FM, Chen Q.

Fonte: https://www.artoi.it/polidatina/

glutatione

Il glutatione è una sostanza naturalmente prodotta dal fegato presente anche in alcuni cibi (frutta, verdura e carni). Dal punto di vista chimico si tratta di un tripeptide formato dagli aminoacidi cisteina, glicina e glutammato.

Il glutatione è noto principalmente per la sua funzione come antiossidante naturale prodotto dall’organismo stesso. Nelle cellule e negli organi partecipa a diversi processi, dalla produzione e riparazione dei tessuti alla sintesi di proteine e altre molecole, passando per il coinvolgimento nelle difese immunitarie.

Un integratore a base di glutatione può essere utile in caso di:

  • insufficienza epato-biliare lieve o moderata
  • epatopatie su base iatrogena, tossica e virale
  • intossicazione epatica da farmaci
  • abuso di alcol
  • invecchiamento cutaneo
  • prolungata esposizione alla luce solare
  • protezione nei confronti del fumo di sigaretta

L’N-acetilcisteina (NAC) è una molecola che deriva dall’amminoacido naturale cisteina.

Può essere introdotta nel corpo mediante somministrazione orale, endovenosa o per via topica. Una volta introdotta viene deacetilata in cisteina e successivamente trasformata di una serie di metaboliti che si accumulano nel corpo. La via endovenosa è la migliore modalità di somministrazione in quanto determina un’emivita maggiore dell’N-acetilcisteina. La somministrazione per via topica è la peggiore.

La NAC è uno dei più potenti antiossidanti conosciuti. La proprietà antiossidante deriva dalla (1):

  • presenza nella sua struttura chimica di un gruppo tiolico in grado di eliminare direttamente i radicali liberi
  • sua capacità di rigenerare il glutatione, un altro potentissimo antiossidante prodotto dal nostro organismo
  • possibilità, all’interno delle cellule, di essere deacetilata in cisteina. La cisteina, a sua volta, viene metabolizzata in una serie di composti (3-mercapto-piruvato e zolfo ridotto) dalle proprietà antiossidanti.

Oltre alle proprietà antiossidanti, la NAC agisce come antinfiammatorio bloccando l’attivazione di NF-kB, un fattore di trascrizione che induce l’espressione di geni che codificano per citochine proinfiammatorie.

La NAC, inoltre, facilitando la produzione di ossido nitrico, gioca un ruolo importante nella vasodilatazione.

Diversi studi in letteratura hanno mostrato l’efficacia dell’integrazione con NAC in diverse condizioni:

  • è un potente antimucolitico
  • protegge le cellule della retina da un eccessivo danno ossidativo in caso di degenerazione maculare (2)
  • migliora diverse patologie della cute (3)
  • è in grado di contrastare le malattie neurodegenerative e di salute mentale (4)
  • cancro

Il glutatione è un composto organico presente nel nostro corpo ed è costituito da 3 amminoacidi (glutammato, glicina e cisteina). La cisteina è l’amminoacido più importante del glutatione in quanto è quello che possiede il gruppo tiolico -SH, responsabile dell’attività biologica del glutatione.

Il glutatione viene normalmente prodotto dal nostro corpo a partire dai 3 amminoacidi che lo compongono. L’N-acetilcisteina gioca un ruolo importante nella sintesi del glutatione in quanto funziona come donatore di cisteina.

Il glutatione può anche essere introdotto come tale con l’alimentazione. Le fonti più abbondanti sono:

  • arance
  • avocado
  • carote
  • cocomero
  • fragole
  • patate
  • pesche
  • spinaci

Purtroppo durante il processo di riscaldamento e/o cottura degli molti alimenti, il glutatione viene completamente distrutto dalle temperature.

Il glutatione è responsabile di numerose azioni biologiche (5):

  • è il più potente antiossidante delle nostre cellule: funzionando come donatore di elettroni previene l’eccessiva ossidazione da parte dei radicali liberi.
  • è coinvolto nella detossificazione degli xenobiotici ossia sostanze estranee all’organismo come farmaci, tossine, additivi alimentari…
  • previene l’invecchiamento
  • ha una grande capacità disintossicante: grazie alla sua facoltà di chelare (legare) i metalli pesanti quali piombo, cadmio, mercurio ed alluminio li trasporta via eliminandoli dal corpo.
  • è in grado di modulare la risposta immunitaria
  • contrasta l’avvelenamento da paracetamolo
  • intervenire beneficamente negli stress ossidativi del globulo rosso
  • aiuta nostro fegato a disintossicarsi ed a prevenire possibili danni causati dall’eccessivo consumo di alcool
  • migliora i sintomi delle patologie neurodegenerative
  • induce benefici nei pazienti affetti da HIV
  • nei globuli rossi mantiene il ferro legato dell’emoglobina allo stato ridotto evitando la formazione di emoglobina ossidata (metaemoglobina) non più in grado di legare e trasportare ossigeno ai tessuti
NAC, glutatione e oncologia

Modelli sperimentali hanno mostrato che l’N-acetilcisteina è in grado di ridurre la proliferazione cellulare, indurre apoptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule tumorali e inibire i processi di differenziamento (6, 7).

I meccanismi d’azione individuati sono: diminuzione delle cicline, attivazione delle caspasi, aumentata espressione del citocromo c, ridotta espressione di bcl-2 e bloccando la segnalazione del gene Notch.

Il ruolo del glutatione nel cancro è controverso. Se da un lato può risultare utile integrare questo potentissimo antiossidante, dall’altro lato potrebbe essere svantaggioso. L’aumento dello stress ossidativo tipico delle cellule tumorali è accompagnato da un aumento dei livelli di glutatione che cerca di compensare questo eccessivo stress ossidativo; il glutatione però conferisce alle cellule tumorali il vantaggio di crescere e resistere a numerosi agenti chemioterapici che hanno come meccanismo d’azione proprio lo stress ossidativo.

Se a scopi preventivi potrebbe essere utile l’integrazione con NAC o glutatione, se ne sconsiglia l’uso durante il trattamento chemioterapico (in particolare con derivati del platino e taxani) in quanto livelli intracellulari elevati di glutatione potrebbero rendere le cellule tumorali resistenti alla chemioterapia (8).

Proprio per questa ragione diverse terapie anticancro prevedono l’abbassamento dei livelli cellulari di glutatione. L’esaurimento del glutatione come singolo target terapeutico non è efficace mentre l’approccio combinato (chemioterapia più inibizione del glutatione) è in grado di migliorare la sensibilità delle cellule tumorali agli agenti chemioterapici.

La deplezione di glutatione potrebbe anche essere utile per innescare nelle cellule tumorali un processo chiamato ferropoptosi ossia una morte cellulare innescata dal fallimento delle difese antiossidanti dipendenti dal glutatione e quindi dall’accumulo di perossidi lipidici (radicali liberi) (9)

Non ci sono studi sull’efficacia dell’integrazione di glutatione nei pazienti oncologici anche non in trattamento.

Biodisponibilità

La bassa biodisponibilità e stabilità del glutatione ne limitano l’applicazione terapeutica. Dopo somministrazione orale, infatti, il glutatione va incontro ad una serie di cambiamenti nel tratto gastrointestinale che ne impediscono l’assimilazione. Questo problema potrebbe essere superato mediante la somministrazione di glutatione in forma proliposomiale oppure sottoforma di granuli sublinguali (in modo tale da bypassare lo stomaco, l’intestino e il fegato). Un’altra possibile modalità per aumentare i livelli di glutatione è non somministrando glutatione ma N-acetilcisteina, il precursore del glutatione. La NAC, a differenza del glutatione, viene assorbita bene a livello intestinale. Nonostante questo, ci sono comunque delle condizioni che limitano la sintesi del glutatione anche in caso di somministrazione di NAC e sono l’età avanzata e la disfunzione epatica (10, 11).

Controindicazioni ed effetti collaterali

L’N-acetilcisteina e il glutatione sono sicuri e con pochi effetti collaterali, sia quando vengono somministrati per via orale, endovenosa e cutanea. Gli effetti collaterali che possono comparire sono nausea, dolore allo stomaco, eruzioni cutanee e prurito.

Bibliografia:

  1. Cell Chem Biol. 2018 Apr 19. N-Acetyl Cysteine Functions as a Fast-Acting Antioxidant by Triggering Intracellular H(2)S and Sulfane Sulfur ProductionEzeriņa D, Takano Y, Hanaoka K, Urano Y, Dick TP.
  2. Oxid Med Cell Longev. 2019 Aug 14. N-Acetyl-L-cysteine Protects Human Retinal Pigment Epithelial Cells from Oxidative Damage: Implications for Age-Related Macular Degeneration. Terluk MR, Ebeling MC, Fisher CR, Kapphahn RJ, Yuan C, Kartha RV, Montezuma SR, Ferrington DA.
  3. Indian J Dermatol Venereol Leprol. 2018 Nov-Dec. N-acetylcysteine in dermatology. Adil M, Amin SS, Mohtashim M.
  4. Molecules. 2018 Dec 13. Overview on the Effects of N-Acetylcysteine in Neurodegenerative Diseases.
    Tardiolo G, Bramanti P, Mazzon E.
  5. Biomed Pharmacother. 2003 May-Jun. The importance of glutathione in human disease. Townsend DM, Tew KD, Tapiero H.
  6. Oncotarget. 2016 May 24. N-acetylcysteine negatively regulates Notch3 and its malignant signaling. Zhang X, Wang YN, Zhu JJ, Liu XX, You H, Gong MY, Zou M, Cheng WH, Zhu JH.
  7. Semin Oncol. 2017 Jun. Pilot study demonstrating metabolic and anti-proliferative effects of in vivo anti-oxidant supplementation with N-Acetylcysteine in Breast Cancer. Monti D, Sotgia F, Whitaker-Menezes D, Tuluc M, Birbe R, Berger A, Lazar M, Cotzia P, Draganova-Tacheva R, Lin Z, Domingo-Vidal M, Newberg A, Lisanti MP, Martinez-Outschoorn U.
  8. J Cell Biol. 2018 Jul 2. Glutathione metabolism in cancer progression and treatment resistance. Bansal A, Simon MC.
  9. Cell Prolif. 2020 Mar. Ferroptosis: Final destination for cancer? Ye Z, Liu W, Zhuo Q, Hu Q, Liu M, Sun Q, Zhang Z, Fan G, Xu W, Ji S, Yu X, Qin Y, Xu X.
  10. Drug Deliv. 2019 Dec. Design of novel proliposome formulation for antioxidant peptide, glutathione with enhanced oral bioavailability and stability. Byeon JC, Lee SE, Kim TH, Ahn JB, Kim DH, Choi JS, Park JS.
  11. Redox Biol. 2015 Dec. Effects of N-acetylcysteine, oral glutathione (GSH) and a novel sublingual form of GSH on oxidative stress markers: A comparative crossover study. Schmitt B, Vicenzi M, Garrel C, Denis FM.

Fonte: www.artoi.it/nac-e-glutatione/

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